Uno studio inglese: senza la crisi, in Italia 290 tra suicidi e tentati suicidi in meno

Al suicidio per motivi economici si sono ricondotte molte tragedie, anche se attribuire i decessi a questa specifica ragione è sempre difficile e a volte semplicistico. Certo, la crisi ha fatto le sue vittime e sui numeri ha cercato di fare un po’ di chiarezza lo studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Londra e di Cambridge. ‘Eccesso di suicidi e tentati suicidi imputabili alla grande recessione’ sarà pubblicato nel numero di agosto della rivista scientifica  ‘Journal of Epidemiology and Community Health’ del British Medica Journal. In parte finanziato dall’Economic and Social Research Council inglese, lo studio ha elaborato i dati Istat disponibili al Maggio scorso, e cioè fino 2010. A far parte di questo gruppo di studio c’è anche un vicentino, Roberto De Vogli. Laurea in psicologia e dottorato in salute pubblica, si è trasferito a Londra nel ‘97. Oggi è professore associato di salute pubblica globale all’Università del Michigan e ricercatore al Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica dello University College di Londra.

Prof. De Vogli, come mai a Londra avete analizzato i dati sui suicidi per cause economiche in Italia?

Lavoro con un gruppo di studiosi della European Review of Social Determinants of Health che sta esaminando gli effetti della crisi in tutta Europa. Ci siamo concentrati sull’Italia perché l’eco mediatica sui suicidi per la crisi non ha avuto paragone rispetto ad altri paesi europei. 

Tra il 2000 e il 2010 il numero totale dei suicidi in Italia è calato, pur con una crescita tra 2008 e 2010. Si può individuare un vero e proprio picco per la crisi?

Lo studio si basa sui suicidi attribuiti, dopo le indagini delle forze dell’ordine, a cause economiche: debiti, stress finanziari, bancarotte, perdita del lavoro, partendo dal 2000, anno in cui in Italia sono stati accertati  94 suicidi economici e 139 tentativi di suicidio. Nel 2008 questi  suicidi erano 150 e 204 i tentativi, nel 2009 i morti salivano a 198 e 245 i tentativi di suicidio e nel 2010 si sono tolte la vita per cause economiche 187 persone e altre 245 hanno tentato di farlo. Non è una normale fluttuazione di dati, ma un vero e proprio cambio di trend, un cosiddetto “spike”.

Tuttavia, fino al 2007, c’è stato però un trend in aumento per suicidi e tentati suicidi economici, come è possibile allora capire quanto ha influito la crisi?

Lo abbiamo calcolato utilizzando un modello statistico dal quale emerge che se si fosse mantenuto costante il trend di aumento generale di suicidi e tentati suicidi a causa economica verificatosi tra il 2000 e il 2007 -cioè prima della crisi- nel periodo 2008-2010 la linea di crescita di quel trend si sarebbe comunque fermata molto più in basso. In sostanza, senza la crisi, tra il 2008 e il 2010 ci sarebbero stati 290 tra suicidi e tentati suicidi in meno per causa economica.

Come proseguirà il vostro lavoro?

Analizzeremo i trend temporali prima e dopo la crisi del 2008 mettendo a confronto i dati dei suicidi con quelli di disoccupazione e cambiamenti economici specifici e cercando una relazione con i provvedimenti intrapresi per capire se tra zone più e meno colpite dalla crisi, meccanismi di protezione e coesione sociale abbiano contribuito ad arginare il fenomeno. Per questo faremo indagini su base regionale.

Lei fa parte del gruppo che ha studiato gli effetti della globalizzazione sulla salute nel periodo 2007-2011. Cosa avete evidenziato?

Che dalla fine degli anni ’80 in poi l’adozione del modello neoliberista -promosso a livello globale dai grandi gruppi commerciali, banche e industrie multinazionali, nonche’ dalla Banca Mondiale, Fondo Monetaio Internazionale (FMI) e Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC)- ha rallentato in modo significativo l’incremento dell’aspettativa di vita mondiale. In particolare, e’ precipitata in Africa e nell’Europa dell’Est dove sono state adottate politiche economiche chiamate “shock therapy,” una versione particolarmente estrema di neoliberismo senza sostegni sociali. Tali politiche hanno inoltre aumentato le disuguaglianze economiche: dopo la privatizzazione di massa in Russia, 26 magnati russi detenevano il 19% del Pil! Non e’ un caso che negli ultimi decenni i paesi dell’Asia dell’Est, che si sono rifiutati di adottare le politiche neoliberiste dell’FMI, hanno migliorato enormemente sia le loro condizioni economiche che l’aspettativa di vita. La Corea del Sud, ad esempio, negli anni 60 e 70 era ancora un paese poverissimo con un’aspettativa di vita alla nascita inferiore ai 60 anni. Ora i Coreani vivono oltre gli 80 anni e vivono in una nazione ricca che, gia’ dal 1996, e’ entrata a far dell’OCSE.

Analizzare la salute pubblica globale significa informare i Governi delle conseguenze delle loro politiche per mettere in atto meccanismi conseguenti. Lei parla spesso  in conferenze di decrescita salubre. Come?

Studi di rilevanza scientifica evidenziano come in periodi di crisi economica ci siano anche variazioni positive nel miglioramento della salute delle popolazioni. Non solo perché, giocoforza, ci sono meno incidenti stradali e sul lavoro, meno stress da troppo lavoro, stili di vita più sobri e salubri, ma anche perché la crisi può favorire la solidarietà, scambi e reti tra le persone. La chiave sta proprio qui: nel trasformare la crisi attraverso politiche che riducano le diseguaglianze economiche e promuovendo meccanismi di solidarietà che riducano l’isolamento e lo stress di chi è in difficoltà.

‘InOltre’, il Progetto della Regione Veneto

Solitudine e abbandono sono dunque i nemici letali di chi vive la crisi economica, e reti di sostegno e solidarietà sono la prima arma per combatterli. Il Veneto c’è già il progetto InOltre che offre snodi si aiuto multiplo: psicologico ma anche legale e strategie di uscita di tipo economico e finanziario; in un solo mese dall’inizio dell’attività del numero verde 800.33.43.43 contro i suicidi per la crisi voluto dalla Regione erano già 22 le persone seguite dal servizio 9 dalla provincia di Vicenza, 5 dalla provincia di Padova, 4 dall’area di Treviso, 3 da Rovigo e una da Verona. 

 La dottoressa Emilia Laugelli, responsabile del progetto gestito dall’Ulss 4  spiega: ‘I nostri psicologi sono bravissimi e in più di un caso hanno evitato il peggio, ma il nostro intervento ha dei limiti perché il lavoro e gli annessi problemi contingenti restano il centro della vita di queste persone. La situazione ci obbliga ad avviare con urgenza percorsi concreti di sostegno economico – finanziario. Non possiamo permetterci ferie e faccio un appello affinchè tutte le realtà coinvolte intensifichino gli incontri al fine di completare la struttura del progetto ‘InOltre’, altrimenti anche il nostro sostegno di psicologi rischia di essere vanificato”. 

Pubblicato su ‘Il Giornale di Vicenza’ il 12 luglio 2012, pag. 7

Sull’argomento crisi e suicidi leggi anche https://questionediprincipi.wordpress.com/2012/05/11/la-crisi-i-suicidi-e-il-rischio-che-i-morti-diventino-merce/

3 pensieri su “Uno studio inglese: senza la crisi, in Italia 290 tra suicidi e tentati suicidi in meno

  1. piero ha detto:

    “Trasformare la crisi attraverso politiche che riducano le diseguaglianze economiche e promuovendo meccanismi di solidarietà che riducano l’isolamento e lo stress di chi è in difficoltà”: che bello questo messaggio! Insomma, trasformare quello che in apparenza sembra solo un fatto estremamente negativo in una occasione per far nascere vita nuova, e più bella: è un’idea che proponi spesso nei tuoi scritti Cinzia e che altrettanto spesso sai ‘tirare fuori’ dai tuoi interlocutori, e mi piace tantissimo. E’ facile dimenticarsene e scoraggiarsi, ma cerco di custodirla sempre dentro: grazie!!

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  2. agersocialslow ha detto:

    Sono nate e ho scritto qualcosa, timide iniziative, essenzialmente comunicative, sul concetto di città solidale. Sulla decrescita e felice mi pare che pochi studiosi ne parlano ma chi governa la considera robetta. Dovremo solo sperimentare qualche progetto locale di rete solidale e di innovazione sociale che porti anche un pò di reddito/lavoro. Per intanto dalle mie parti stanno organizzando una manifestazione dal titolo l’Altro mondo, produzioni e imprenditori per un diverso agire. Vedrò e ti farò sapere.

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  3. Nicoletta ha detto:

    Non capisco a cosa servono gli psicologi quando una persona si é impegnata al massimo con diciamo l’arte del riciclo’ ,ottima organizzazione per economizzare al massimo.Se non c’è un minimo di risorsa economica e il lavoro è introvabile meglio il suicidio che stare su strade al freddo ad aspettare la Siberia ti porti via.Via il senso della vita,via da chi vede sa e si volta dall’altra parte.

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