Dalle parole ai fatti

Il precedente post aveva innescato un dibattito sulle responsabilità della categoria dei giornalisti per lo stato in cui si trova il Paese ed io, in una delle risposte, avevo sottolineato come di questi tempi  fosse necessario dare più forza a quelli che dimostrano di fare bene il proprio mestiere. Ecco, ho appena scritto una mail per dire a ‘La 7’ che  non guarderò più ‘In onda’. Luisella Costamagna, come noto, è stata sostituita da Nicola Porro che dividerà la conduzione del programma con Luca Telese. Se, come leggo, il programma doveva essere riequilibrato perché troppo a sinistra, perchè non poteva essere rimosso Telese? Che abbiano considerato questa ipotesi? O forse lui è più ‘embedded’ di quanto si creda? Non fatemi aprire una stucchevole polemica tra giornalisti maschi e femmine, qui si tratta solo di guardare alle capacità. Punto. Telese è bravo, ma certo lo è anche la Costamagna, forse di più: si preparava moltissimo e non risparmiava né la seconda né la terza domanda, se servivano. E poi non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, il suo spazio se lo prendeva, anche col collega (ricordo con imbarazzo i miseri varchi in cui riusciva a introdursi a 8 e 1/2 la brava Ritanna Armeni soffocata da uno strabordante Ferrara…, stessa situazione in cui nell’edizione 2008-2009 si è trovato Federico Guiglia fagocitato con algida superiorità dalla Gruber). Mi pento solo di una cosa: di non aver scritto a ‘La 7’ quanto apprezzavo questa conduttrice prima che la facessero fuori! Come diceva Ars Longa perchè mostrare apprezzamento per un giornalista semplicemente perchè fa bene il proprio lavoro…? Proprio per prevenire licenziamenti come questi. Da ora lo voglio fare sistematicamente! Ma chissà, forse con la mia mail posso aver dato un piccolo contributo perché alla Costamagna venga affidato un nuovo programma. Spero non sparisca dalla circolazione…

Basta!

La politica dovrebbe essere prima di tutto rispetto. Per le istituzioni, per i cittadini. Ma siamo complici di un’ intollerabile degenerazione.

images (1)Ieri ascoltavo, al solito, il Tg de La 7, notiziario che ritengo il più sopportabile di questi tempi, e ad un certo punto la giornalista che stava leggendo un servizio di politica ha detto: “Bossi, a chi gli chiedeva delle pensioni, ha mostrato il dito medio”. Ha detto così ed ha proseguito, come se fosse una cosa normale. Nel merito Bossi poteva avere ragione, torto non è di questo che voglio parlare. E’ stato il suo gesto e come, per l’ennesima volta, è stato riportato. Tutti quelli che raccontano dei gestacci e delle parolacce di Bossi poi proseguono come se niente fosse. Dito medio ai giornalisti, durante l’inno di Mameli, la famosa espressione ‘Signora con quella bandiera ci si pulisca il c. ‘, i più recenti ‘Str..zo’ all’indirizzo di Casini o il  ‘Brunetta, nano di Venezia non romperci i co..ni’.

Non avendo io alcuna simpatia per i toni e i modi di Brunetta, mi veniva quasi da assolverlo ‘Il senatur’. Quasi. Perché in realtà non è possibile assolvere un ministro della Repubblica che usa questi termini e fa questi gesti. NON E’ POSSIBILE! Il fatto è che i leghisti (non tutti, per fortuna) ridono di queste battute, quando non applaudono. Vabbè, il Bossi è così che ha mostrato a tutti di ‘avercelo duro’, no? E’ una macchietta, ha il suo frasario, il suo repertorio di gestacci…ma che vuoi che sia?! E’ fatto così… CHE VUOI CHE SIA?? Non si può accettare che tutto il Paese, giornalisti in testa, incassino, passino questo atteggiamento come una cosa ‘normale’: è fatto così. Non è ‘normale’! E’ roba… da terzo mondo, ma neanche…: da…repubblica delle banane!  Certo, ci sono tante enormi faccende in questo Paese cui si passa sopra e che? ti indigni per una ‘cosetta’ così? E’ che per le altre migliaia di cose per le quali  indignarsi  in genere il protagonista o rivolta la frittata o in qualche modo imposta un’assurda linea di difesa (vedi la nipote di Mubarak). Ma qui niente, non ha nemmeno bisogno di ‘giustificarsi’ il Bossi.

E’ una manifesta, accettata forma di spregio delle Istituzioni e dei cittadini. Te la sbatte in faccia la sua maleducazione, ma si continua senza farci caso. Lo si riporta per dovere di cronaca e stop. Eppure io credo che a un ministro che non ha il rispetto per il ruolo che ricopre si  dovrebbe chiedere di andarsene. Semplicemente. Se abbiamo rispetto per noi come giornalisti, se abbiamo rispetto per i cittadini cui raccontiamo cosa accade dovremmo fare un bel casino. Forse non accade proprio perché abbiamo perso anche il rispetto di noi stessi e magari non ce ne siamo neanche accorti. Come cittadini e come professionisti. All’estero i ministri se ne vanno molto prima: per aver copiato una tesi di dottorato (il ministro della difesa tedesco Guttenberg) o per aver chiesto il rimborso due videocassette porno noleggiate dal marito (Jaqui Smith, ministro dell’interno inglese). E che dire di Gordon Brown che ha chiesto scusa ad una pensionata che aveva definito ‘fanatica’ inconsapevole del fatto che il suo microfono era aperto? Qua da noi altro che scuse e dimissioni, se ne farebbero un vanto! E noi continuiamo a chiamarli ‘onorevoli’, ma cosa hanno di tanto onorevole? Dovremmo imparare a dare il giusto peso alle parole, ai gesti. E’ da qui, dalle ‘piccole’ cose, che si che si ramifica il declino di un paese. E’ anche per questo se siamo più indietro degli altri.  L’ imperativo primo è uno solo : rispettare il ruolo che hai e prima ancora i cittadini che rappresenti. Se non ce l’hai dentro di te che paese puoi costruire? Come facciamo a educare i nostri figli al rispetto se chi ci governa non ce l’ha?

Non me ne frega un tubo se sei di destra, sinistra, centro, se stai sopra, sotto o di fianco al Governo, se stai alla camera, al senato, al consiglio dei ministri o in qualsiasi altro ente pubblico: tu lì hai accettato di ricoprire un ruolo a nome dei cittadini e a quei cittadini devi rispetto. E chi caspita sei se non un uomo al SERVIZIO dei cittadini? Vale per il Bossi come per il Brunetta che in una delle sue tante infelici uscite ha insultato la rappresentante dei precari prima ancora che riuscisse a dire una parola. ‘Siete l’Italia peggiore’. E se ne è andato.  Se n’è andato! Ma come ti permetti??! Non è questione se sia bravo o no a fare il proprio mestiere: se gli manca la capacità di rispettare la gente il posto di ministro non lo può occupare! Punto. Dio, sono così arrabbiata …così indignata…A partire da queste cose, sì! Basta!

Perché le tolleriamo? Perchè non capiamo l’enorme responsabilità che è connessa al nostro lavoro di giornalisti, anche in queste circostanze? Se non si riconosce  un valore nelle ‘piccole’ cose finisce per consumarsi anche in quelle più grandi…Sono i giornalisti che ‘traducono’ ciò che accade alla gente, è attraverso di loro (di noi) che passa il ‘sentire’ di questa Italia…  Ieri, ascoltando il servizio su ‘La 7’, la mia prima reazione è stata: se fossi stata lì davanti a Bossi, tra gli altri giornalisti, non avrei resistito alla tentazione di dirgli: ‘Ma come ti permetti!!! (uno così non si merita il ‘Lei’). Sei un ministro della Repubblica e se anche di questa Italia non te ne frega, visto che il ruolo l’hai voluto e lo ricopri, portale rispetto! PortaCI rispetto!’.  E poi? Poi credo che ‘il senatur’ mi avrebbe mostrato il dito medio, mi avrebbe chiamata ‘str#!?@’, avrebbe aggiunto ‘con la roba che scrivi pulisciti il c#?!-‘ per chiudere con un ‘non rompermi i co*#/%ni’ tra le risate generali dei colleghi che la prossima volta avrebbero avuto una tizia in meno con la quale sgomitare per uno straccio di dichiarazione ‘ministeriale’. Possibile? Possibilissimo.

Eppure, per un momento, mi piace immaginare che nell’istante stesso in cui ha alzato il suo dito medio i giornalisti si fossero guardati in faccia, increduli: ‘Non è possibile, ci siamo sbagliati. Questo non può essere un ministro’, avessero abbassato taccuini e microfoni e se ne fossero andati’. Un gesto imprevedibile, rivoluzionario: l’inizio di una presa di coscienza per un Paese migliore.

Su etica e politica vedi anche: Intervista a Franco Biasutti

Sul degrado morale in politica: Intervista a Gian Antonio Stella

Sul biotestamento: Intervista a Beppino Englaro 

La pezzuola bianca

Ho ripreso tra le mani ‘L’eleganza del riccio’ di Muriel Barbery. Pensavo alla dignità che si deve a se stessi e improvvisamente mi è tornato alla mente il personaggio di Manuela. Certo una figura secondaria del libro, ma mi aveva colpito perché questa domestica portoghese, unica amica della portinaia Renée, si distingueva per uno straordinario senso dell’eleganza e della dignità personale, fermamente convinta che ‘Anche per mangiare una noce ci vuole la tovaglia’. Una donna che non veniva sporcata dal zozzume che puliva nelle case dei ricchi, altro che polvere! Un’autentica aristocratica, così la definiva la protagonista argomentando che un’aristocratica ‘E’ una donna che sebbene circondata dalla volgarità non ne viene sfiorata’. Straordinaria definizione.  Ogni tanto mi torna alla mente questo personaggio, specie in quei giorni, e ce ne sono, in cui si avrebbe la tentazione di lasciarsi un po’ andare. E invece la dobbiamo mettere quella tovaglietta, anche per mangiare una noce: è il rispetto che dobbiamo a noi stessi.  Ricordo che qualcuno anni fa mi raccontò di un uomo in un campo di concentramento che sotto alla sua ciotola di sbobba non mancava mai di stendere una pezzuola bianca. E’ un’immagine che mi ha sempre commosso profondamente. Avere la capacità, pur circondati dal dolore feroce, dalla lotta per la sopravvivenza che ti spinge a dilaniarti per un pezzo di pane, sprofondati nel più profondo baratro dell’ orrore, di riconoscere che la tua dignità viene prima. Prima del freddo, della fame, delle malattie, della sofferenza che ti dilania il corpo e l’anima: una pezzuola bianca per restare agganciati a se stessi, al proprio incommensurabile valore. Nonostante tutto. Perché nessuno, qualsiasi cosa faccia, può prenderti la tua dignità. Più recentemente, leggendo il libro dell’amico Sebastiano Zanolli ‘Devi tornare a guidare il camion Elvis’ mi aveva colpito una descrizione di scene di vita raccolte in India. E’ un passo che voglio riportare: “Ho pensato a lungo mentre viaggiavo lungo le scassate strade dell’India -scrive Sebastiano-, se fosse utile perorare la causa dell’ottimismo. In fin dei conti sembriamo tutti sull’orlo di un nuovo Medioevo. Poi vedevo sia gente che letteralmente non aveva da mangiare, che si lavava il corpo, non tralasciando né denti né lingua, lungo la riva del fiume e soprattutto faceva lavare scrupolosamente i propri bambini, e altri, della medesima condizione sociale che, ricoperti di sporcizia, abbandonavano se stessi e la prole all’inedia. Come al solito, succede se resti in silenzio abbastanza: la risposta arriva. E’ la fede che li differenziava…’. Non c’è dubbio: la fede faceva la differenza, ma la fiducia che le cose possano cambiare è indissolubilmente legata al rispetto che nutriamo verso noi stessi, alla capacità di riconoscerci una valore, una dignità profonda. Una dignità che deve manifestarsi fin da quando ci alziamo il mattino, prendendoci cura di noi, volendoci bene, non maltrattandoci e insegnando a fare lo stesso ai nostri figli, fin da piccoli. Non è questione di ‘regole di civile convivenza’, ma del principio primo che ci deve animare: il rispetto di noi stessi. Quando ero ragazza mi vestivo come capitava, senza concessioni alla mia femminilità, non mi truccavo nemmeno determinata com’ero a sbandierare che era me che dovevano vedere, ciò che avevo dentro, non ciò che doveva essere rappresentato per convenzione. Ora riguardo quelle foto con tenerezza pensando che era un malinteso senso della libertà. Perché ero io a non essere libera, in fondo. Non riconoscendo il valore del mio femminile, non riconoscevo nemmeno quello che di bello avevo dentro. E non c’è libertà senza consapevolezza di se stessi. Non c’è libertà senza dignità.